Serginho, emigrante e picaro
DI LUIZ RUFFATO
incontro con Alessandro Leogrande e Nicola Villa
Nei suoi romanzi Ruffato ha raccontato un Brasile diverso, il Brasile degli ultimi, in bilico tra povertà e modernizzazione, lontano dagli stereotipi dominanti. Lo ha fatto anche in Sono stato a Lisbona e ho pensato a te (traduzione dal portoghese brasiliano di Gian Luigi De Rosa) appena pubblicato da La Nuova Frontiera. Sérgio, il protagonista del libro, ha un lavoro precario, un figlio e un’ex-moglie, gioca a calcio con gli amici e cerca di smettere di fumare. È ossessionato dall’idea di migliorare la propria vita. Così, quando perde il lavoro, si accorge di non avere più nessun motivo per rimanere a Cataguases, la sperduta cittadina brasiliana dove è nato. Decide allora di partire per il Portogallo, il “miglior paese del mondo”, come gli è stato detto da chi c’è stato, e trovarsi un’occupazione decente. In un romanzo allo stesso tempo amaro e ironico, Ruffato racconta il mondo degli “irregolari”, di chi arrivato con l’idea di lavorare e guadagnare dei soldi si ritrova ricacciato ai margini della società europea. Un mondo fatto di uomini e donne in carne e ossa, con i loro sogni e le loro debolezze. Un mondo multi-etnico, vitalissimo e in perenne trasformazione, che gli europei quasi mai sono in grado di interpretare e di raccontare, ma che trova in Sono stato a Lisbona e ho pensato a te un’acuta ricostruzione. Luiz Ruffato è un convinto sostenitore del lulismo. Ama parlare di politica, forse anche più che di letteratura. E allora la nostra conversazione parte proprio da qui. (a.l.)
continua su Lo Straniero
http://www.lostraniero.net/archivio-2011/129-giugno-2011-n-132/669-serginho-emigrante-e-picaro.html
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