RAI3 ha messo in rete un sondaggio sull'utilità dei ricercatori.
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Blog delle cattedre di Lingua e Traduzione Portoghese e Brasiliana e di Letteratura Portoghese e Brasiliana
terça-feira, 28 de setembro de 2010
domingo, 26 de setembro de 2010
Le Iene e i tagli all'università
Il video delle Iene sui tagli all'Università e sul futuro dopo il ddl Gelmini-Tremonti
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sexta-feira, 24 de setembro de 2010
Resultados Exames Escritos de Português II e III
PORTUGUÊS II (A = tradução/composição B = gramática) (Prof.ssa De Abreu)
10022842 (A/B superati)
10052256 (A superato)
10058569 (A superato)
10060249 (A/B superati)
A1/24898 (A/B superati)
PORTUGUÊS III (A = tradução/composição B = gramática) (Prof.ssa De Abreu)
10044939 (A/B superati)
10014778 (A/B non superati)
10052025 (A/B superati)
10016032 (A superato / B non superato)
10026613 (A/B superati)
10072138 (B superato)
10006075 (B superato)
10022842 (A/B superati)
10052256 (A superato)
10058569 (A superato)
10060249 (A/B superati)
A1/24898 (A/B superati)
PORTUGUÊS III (A = tradução/composição B = gramática) (Prof.ssa De Abreu)
10044939 (A/B superati)
10014778 (A/B non superati)
10052025 (A/B superati)
10016032 (A superato / B non superato)
10026613 (A/B superati)
10072138 (B superato)
10006075 (B superato)
quinta-feira, 23 de setembro de 2010
AVVISO - ESAMI SCRITTI
Gli esami scritti saranno visionati e verbalizzati (vecchio ordinamento) il 27/09 dalle ore 10 alle ore 13 presso la sala dei lettori (Ex-Tabacchi).
Risultati Esami Scritti - Prof. De Rosa
PORTUGUÊS I (Prof. De Rosa)
10003262 non superato
10030160 non superato
10031728 non superato
10033073 non superato
10036163 superato
10038824 non superato
10041264 non superato
10041657 superato
10043499 non superato
10060201 non superato
10069141 superato
10072623 non superato
SPECIALISTICA II (Prof. De Rosa)
10068894 superato
10074118 superato
10003262 non superato
10030160 non superato
10031728 non superato
10033073 non superato
10036163 superato
10038824 non superato
10041264 non superato
10041657 superato
10043499 non superato
10060201 non superato
10069141 superato
10072623 non superato
SPECIALISTICA II (Prof. De Rosa)
10068894 superato
10074118 superato
I ministri Gelmini e Tremonti e la protesta dei ricercatori
Quando le parole sono bruscolini: i ministri Gelmini e Tremonti e la
protesta dei ricercatoriLa Rete29Aprile dei ricercatori universitari considera profondamente
inadeguate le affermazioni del ministro Gelmini rese oggi durante la
conferenza stampa congiunta con il ministro Giulio Tremonti. Il ministro
si è espresso in termini indeterminati e vaghi su questioni centrali,
quali la ricerca e l’alta formazione. Ma ciò che colpisce maggiormente
sono le inesattezze evidenti nella parte del suo discorso dedicata alla
protesta dei ricercatori, peraltro sempre evitando un confronto diretto
nonostante l’esplicito invito a farlo rivoltole dal Capo dello Stato ai
primi di agosto.
Per anni i ricercatori universitari hanno, con senso di responsabilità,
tenuto corsi con dedizione e passione come fossero professori, quasi
sempre a titolo gratuito, sottraendo tempo e risorse alla ricerca che
(come dice il loro nome) è il loro compito primario. Quest’anno, come
tutti gli altri anni, i ricercatori universitari lavoreranno a tempo
pieno facendo con immutato senso di responsabilità la ricerca e la
didattica che compete loro: tutoraggi, assistenza agli studenti,
seminari, senza incarichi aggiuntivi di volontariato.
L’indisponibilità a tenere corsi non è pigrizia, ma un segno di protesta
contro il DdL in discussione oggi alla Camera. Sono più di 10.000 i
ricercatori che in 35 atenei si sono uniti alla più grande protesta dei
ricercatori italiani mai verificatasi. Una protesta che vuole non solo
difendere l’università pubblica, ma renderla migliore cominciando da
un’autentica semplificazione nei ruoli e nelle funzioni docenti con
l’introduzione del ruolo unico dei professori universitari: l’unico
strumento per eliminare i poteri baronali, che l’On. Gelmini ha più
volte ricordato essere il primo ostacolo alla sua riforma, e che invece
il DdL in discussione in Parlamento rende più forti che mai,
concentrando in essi il controllo dei concorsi e del sistema di governo
degli Atenei.
Nella grande assemblea nazionale dei ricercatori universitari della Rete
29 Aprile (www.rete29aprile.it) tenutasi lo scorso 17 settembre a Roma,
sono stati ribaditi i punti critici della politica universitaria di
questo governo, e non solo per quanto riguarda lo stato giuridico dei
ricercatori. Infatti la politica del Governo, oltre a mettere gli
attuali ricercatori strutturati su un binario morto, senza
riconoscimento del lavoro svolto e senza reali prospettive di avanzamenti:
- mette sul lastrico decine di migliaia di ricercatori precari con anni
di lavoro alle spalle;
- prospetta per i futuri aspiranti ricercatori un percorso che non ha
eguali nel mondo: dieci anni e più di precariato, senza alcuna garanzia
che il merito sarà premiato: una falsa tenure track il cui esito è
legato molto più a criteri di cassa che scientifici;
- mortifica il diritto allo studio, per il quale non sono previste né
risorse dedicate (dopo i pesanti tagli) né le necessarie politiche di
welfare per porre tutti, capaci, meritevoli e meno abbienti, in
identiche condizioni di partenza garantendo davvero il diritto
all’istruzione;
- pone la gestione degli atenei pubblici nelle mani di personalità
esterne all’università, designate senza il necessario controllo da parte
delle varie componenti universitarie, ignorando evidentemente che gli
atenei italiani che hanno già sperimentato una gestione interamente
‘esterna’ oggi presentano gli stessi problemi e le stesse tare degli
altri. Un settore strategico come quello dell’alta formazione non può
essere gestito al risparmio, né con criteri aziendalistici: sarebbe come
voler economizzare sul medico quando si è malati. La logica della
cultura da trattare come un prodotto da piazzare sul mercato per i pochi
che possono permetterselo va respinta decisamente.
Del problema finanziario l’On Gelmini preferisce non parlare, lasciando
la parola al suo collega Tremonti, ignorando il fatto che la politica
italiana tradisce apertamente la “Strategia di Lisbona”, patto
sottoscritto e poi ignorato dall’Italia per il rilancio di università e
ricerca in Europa. Le parole dei due Ministri tacciono infatti che i due
motori del futuro dell’Italia, a causa delle scelte politiche di questo
governo, sono finanziati in maniera irrisoria rispetto agli altri paesi
europei e dell’OCSE, con finanziamenti che saranno presto meno della
metà di quanto è investito altrove.
I ricercatori respingono al mittente, con decisione, l’accusa di essere
la causa dei disagi e della negazione del diritto allo studio. I
ricercatori universitari faranno appieno il loro lavoro istituzionale,
mentre il DdL e i tagli ai finanziamenti e al personale che si sono
abbattuti sull’università, con pervicace rifiuto al confronto, a partire
dal giugno 2008 (DL 112, poi legge 133/08) sono la vera causa di disagio
e negano il futuro delle Istituzioni di formazione e ricerca pubbliche,
a favore di strutture private.
Tutti i principali paesi industrializzati, e soprattutto quelli
dell’Unione europea, hanno dedicato cospicue risorse alla ricerca e
all’istruzione in questa fase di crisi economica. Università
e scuola sono stati in moltissimi casi gli unici settori esonerati dai
tagli, e spesso sono aumentati i finanziamenti in maniera impensabile
qui da noi (ma non in Francia e in Germania): solo in Italia si
mortificano irresponsabilmente l’Università, la ricerca, la scuola e la
cultura in generale, e insieme alle istituzioni vengono colpiti tutti
coloro che con passione vi dedicano la loro vita lavorativa per il bene
comune. In una prospettiva finanziaria di sei anni (2008-2013) il
governo è riuscito a programmare tagli per più di dieci miliardi di euro
a scuola e università: si tratta esattamente dell’equivalente, a prezzi
correnti, di quanto gli Stati Uniti concessero all’Italia con il Piano
Marshall dal 1948 al 1953. Eppure, a fronte delle sempre più estese
proteste, nella conferenza stampa non abbiamo sentito niente di
concreto: nessuna cifra, nessuna scadenza precisa, nessun impegno
concreto e neppure nessuna promessa: soltanto parole e rimbrotti.
I Ricercatori della Rete29Aprile, stigmatizzano poi l’inaccettabile
ricatto di fronte al quale i Ministri Gelmini e Tremonti mettono
l’Università: accettate la riforma così com’è e dopo, nei tempi, nei
modi e nelle quantità che decideremo, vi daremo nuovi fondi.
L’Università non può essere trattata in maniera così umiliante da chi
attua una politica che confonde merito e profitto, ricerca e mercato,
valutazione e rendita economica.
L’Università che forma i nostri giovani, i nostri figli per essere gli
imprenditori, i politici, i formatori e gli scienziati di domani ha il
diritto di essere considerata un valido interlocutore a pieno titolo.
In quest’ottica, l’invito a continuare a fare volontariato per
consentire al DdL Gelmini e ai tagli di demolire in tutta tranquillità e
senza turbamenti l’università pubblica italiana è una richiesta
totalmente irricevibile: acconsentire a essa sarebbe un vero e proprio
tradimento del patto tacito che i ricercatori hanno stretto non tanto
con le rispettive università dove operano, ma con la loro professione.
I Ricercatori, come dichiarato congiuntamente nell’assemblea nazionale
del 17 settembre scorso a Roma, insieme alle altre componenti
dell’Università, agli enti di ricerca pubblica, a studenti, a precari
della ricerca, non smetteranno la propria mobilitazione fintanto che
l’iter del disegno di legge non verrà fermato per aprire un vero tavolo
di confronto e dialogo sulle pur necessarie riforme, al fine di
garantire a tutti, e in particolare ai giovani di oggi e di domani, il
diritto al proprio futuro.
R29A www.rete29aprile.it
Proposte della Rete29Aprile per l’Università:
http://www.rete29aprile.it/
Documento del Coordinamento della Rete 29 Aprile del 10 settembre 2010:
http://www.rete29aprile.it/
Punti di intesa dell’Assemblea nazionale convocata dalla Rete29Aprile il
17 settembre a Roma e aperta alla partecipazione, che si è rivelata
ampia, di altri soggetti dell’Università (studenti, ricercatori precari
e non, professori) e degli Enti di ricerca pubblica:
http://www.rete29aprile.it/
--
terça-feira, 21 de setembro de 2010
Il Traduttore Visibile - La Traduzione a stringhe e strisce
Università degli Studi di Parma
Facoltà di Lettere e Filosofia
30 settembre - 1 ottobre 2010
Aula Magna
Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere
V.le San Michele, 9 - Parma
Giovedì 30 settembre 2010
9:15 Saluto delle autorità
Moderatrice: Giovanna Silvani
9:30
Davide Astori
Fumetto e minoranze
10:00
Enrico Martines
“Ma si può sapere perché parlate a rovescio?” Caratterizzazione linguistica e problemi traduttivi in Asterix
10:30 Intervallo
11:00
Michela Canepari
La donna vampiro tra romanzo e fumetto. The Vampire Kisses Series di Ellen Schreiber
11:30
Gian Luigi De Rosa
Humour e cartoons: tradurre l’umorismo dei cartoni animati
12:00 Discussione
Pranzo
Moderatore: Gian Luigi De Rosa
15:00
Andrea Plazzi
Tradurre Will Eisner. Memoria, identità ebraica e specifico fumettistico di un maestro della narrazione
16:00
Paolo Livorati
Finzione e (dura) realtà: la pratica del tradurre comics nel 2010
Venerdì 1 ottobre 2010
La prassi traduttiva - Tradurre il diritto e divulgare la scienza.
Moderatrice: Gillian Mansfield
9:30
Federica Scarpa
Difficoltà della traduzione giuridica tra l’inglese e l’italiano
10:15
Giovanni Garofalo
Il discorso riportato nella pratica discorsiva forense
spagnola e italiana: riflessioni traduttologiche e testuali
11:00
Isabella Blum
Tradurre Darwin. Diario di un viaggio
ai confini fra scienza, storia e - a volte - leggenda.
12:00
Premiazione gare di traduzione studenti/professionisti
Chiusura dei Lavori
Ricevimento Prof. De Rosa
Gli studenti e i laureandi possono incontrare il prof. De Rosa venerdì 23, alle ore 14 presso lo studio del docente.
In caso di urgenza o di difficoltà contattare il docente via email o skype (gian.luigi.de.rosa)
segunda-feira, 20 de setembro de 2010
Prenotazione per l’esame di Cultura e Letteratura Brasiliana
Si comunica agli studenti che le uniche prenotazioni valide per l’esame di Cultura e Letteratura Brasiliana sono quelle effettuate in segreteria presso il Sig. Galati, non saranno considerate valide quelle on-line.
Tale annuncio vale per tutti gli insegnamenti di portoghese (Lingua, Letteratura e Cultura)
domingo, 12 de setembro de 2010
AVVISO - ESAMI SCRITTI
Gli esami scritti si terrano il 23 e 24 settembre nelle seguenti modalità:
Portoghese I: 23 settembre ore 9.30 aula BP2
Portoghese II: 23 settembre ore 9.oo aula BP2 --> Traduzione e Composizione
24 settembre ore 9.00 aula BP2 --> Grammatica
Portoghese III: 23 settembre ore 9.oo aula BP2 --> Traduzione e Composizione
24 settembre ore 9.00 aula BP2 --> Grammatica
Le iscrizioni agli esami scritti vanno fatto esclusivamente presso la Segreteria del Buon Pastore, con il Sig. Galati, entro e non oltre le ore 12.00 del 17 settembre. Non saranno accettate iscrizioni pervenute oltre tale scadenza.
Portoghese I: 23 settembre ore 9.30 aula BP2
Portoghese II: 23 settembre ore 9.oo aula BP2 --> Traduzione e Composizione
24 settembre ore 9.00 aula BP2 --> Grammatica
Portoghese III: 23 settembre ore 9.oo aula BP2 --> Traduzione e Composizione
24 settembre ore 9.00 aula BP2 --> Grammatica
Le iscrizioni agli esami scritti vanno fatto esclusivamente presso la Segreteria del Buon Pastore, con il Sig. Galati, entro e non oltre le ore 12.00 del 17 settembre. Non saranno accettate iscrizioni pervenute oltre tale scadenza.
quarta-feira, 8 de setembro de 2010
AVVISO - PRENOTAZIONI ESAMI
SI COMUNICA A TUTTI GLI STUDENTI CHE LE UNICHE PRENOTAZIONI VALIDE PER L'ESAME DI PORTOGHESE SARANNO QUELLE EFFETTUATE IN SEGRETERIA PRESSO IL SIG. GALATI ENTRO LE ORE 12.00 DEL 17.09.2010. SONO DA CONSIDERARSI NON VALIDE LE PRENOTAZIONI ONLINE.
segunda-feira, 6 de setembro de 2010
La fine dell'Università pubblica ?! di GIANFRANCO VIESTI da sito Gazzetta del Mezzogiorno del 5.9.2010
L’anno accademico 2010-2011 potrebbe segnare la fine dell’università pubblica in Italia così come la conosciamo da decenni. Questo dipende da decisioni già prese dal Governo.
In primo luogo, la straordinaria riduzione del fondo di finanziamento ordinario nazionale, che rappresenta la quota più importante delle entrate degli atenei. Il taglio, deciso prima dello scoppio della crisi economica, porta l’ammontare del fondo da 7,2 miliardi del 2010 a meno di 6 del 2011 (circa lo stesso sarà nel 2012). Si consideri che solo il personale costa alle università italiane 6,5 miliardi.
Questo comporterà in molti casi, e non solo al Sud, l’impossibilità di far fronte alle spese correnti: le università “staccheranno la corrente”. Nei casi migliori, comporterà comunque il blocco totale del turn-over, una riduzione dei docenti, un peggioramento della didattica e una drastica contrazione dei servizi agli studenti. Questo definanziamento potrebbe essere aggravato per molti atenei, se anche nel 2010 si procederà con i criteri cosiddetti di “premialità” per ripartire parte dei tagli fra gli atenei (siamo a settembre,ma ancora non si sa). I criteri definiti l’estate scorsa, e validi per il 2009 sono risibili: le regole sono state costruite dopo aver ben studiato i numeri, in modo tale da premiare non chi “si comporta meglio”, ma le sedi più piccole del Nord con più facoltà scientifiche.
Le risorse statali per le borse di studio sono state ridotte dai 246 milioni del 2009 ai 99 del 2010 e scenderanno a 76 nel 2011. Già in passato il 40% degli studenti meritevoli di borsa nel Mezzogiorno non riuscivano ad ottenerla per carenza di fondi; l’80%, pur meritevoli, non riuscivano ad avere un alloggio. Quote che non potranno che crescere. E si consideri che tra il 2001 e il 2007 le tasse universitarie in Italia sono cresciute del 53%. La recente manovra ha operato poi un forte taglio degli stipendi ai docenti, bloccando le anzianità (senza restituzione); per come è stato costruito, penalizza moltissimo i ricercatori più giovani, già con retribuzioni basse. Infine, il disegno di legge in discussione in Parlamento – che ben poco potrà fare per l’Università nel quadro che è stato ricordato – crea incertezze notevoli tanto per i sistemi di governo degli atenei quanto per il futuro professionale degli attuali ricercatori.
Il sistema universitario italiano ha molti problemi. Come recita il titolo di un bel libro recente, l’università italiana è “malata e denigrata”. E’ senz’altro necessario razionalizzare il suo funzionamento, introdurre molto di più merito e valutazione, combattere le sue derive peggiori, nepotismi, particolarismi. Molto sta già cambiando, anche da noi; la “federazione” fra le università di Puglia, Basilicata e Molise, annunciata l’altro ieri, è un’ottima iniziativa. Ma l’insieme delle misure del governo, più che riformarlo, sembra decretarne la fine: ispirato da un’idea di sistema universitario pubblico molto più piccolo, con molto più spazio per il privato; diviso fra atenei di serie A (al Nord), con più risorse, didattica e ricerca e atenei di serie B (al Sud) che cercano di sopravvivere. In tutto il mondo l’università è uno dei motori più importanti dello sviluppo economico; crea la materia prima della crescita: giovani preparati. Negli ultimi anni, particolarmente al Sud, sono stati fatti straordinari passi in avanti. Il numero di laureati è cresciuto moltissimo. Ormai al Sud, e in Italia, rispetto alla popolazione giovanile, è nella media europea. La più grande differenza fra il Mezzogiorno di oggi e quello del passato sta proprio in questo: nella diversa scolarità dei giovani. Questa è la grande chance per il suo futuro. Da sola non è una condizione sufficiente per lo sviluppo dell’economia. Ma è necessaria.
Questo processo è a rischio. Molte università italiane potrebbero chiudere fra pochi mesi. Se ci sarà un’elemosina dell’ultimora da parte del Governo magari non chiuderanno, ma sopravviveranno senza servizi, borse e alloggi per gli studenti, ma con una didattica fortemente ridotta, senza ricerca. Questo accrescerà ancora i flussi di studenti verso le università più ricche; riducendo le iscrizioni, renderà ancora più difficile la vita per quelle più povere.
In questi giorni, le autorità accademiche sono alle prese con scelte non semplici e responsabilità gravi: è possibile, in questa situazione, avviare regolarmente l’anno accademico? Probabilmente no. Ma allora che succede? Ma non è un problema solo degli universitari. Dovrebbe essere al primo posto dell’agenda della politica nazionale.
In primo luogo, la straordinaria riduzione del fondo di finanziamento ordinario nazionale, che rappresenta la quota più importante delle entrate degli atenei. Il taglio, deciso prima dello scoppio della crisi economica, porta l’ammontare del fondo da 7,2 miliardi del 2010 a meno di 6 del 2011 (circa lo stesso sarà nel 2012). Si consideri che solo il personale costa alle università italiane 6,5 miliardi.
Questo comporterà in molti casi, e non solo al Sud, l’impossibilità di far fronte alle spese correnti: le università “staccheranno la corrente”. Nei casi migliori, comporterà comunque il blocco totale del turn-over, una riduzione dei docenti, un peggioramento della didattica e una drastica contrazione dei servizi agli studenti. Questo definanziamento potrebbe essere aggravato per molti atenei, se anche nel 2010 si procederà con i criteri cosiddetti di “premialità” per ripartire parte dei tagli fra gli atenei (siamo a settembre,ma ancora non si sa). I criteri definiti l’estate scorsa, e validi per il 2009 sono risibili: le regole sono state costruite dopo aver ben studiato i numeri, in modo tale da premiare non chi “si comporta meglio”, ma le sedi più piccole del Nord con più facoltà scientifiche.
Le risorse statali per le borse di studio sono state ridotte dai 246 milioni del 2009 ai 99 del 2010 e scenderanno a 76 nel 2011. Già in passato il 40% degli studenti meritevoli di borsa nel Mezzogiorno non riuscivano ad ottenerla per carenza di fondi; l’80%, pur meritevoli, non riuscivano ad avere un alloggio. Quote che non potranno che crescere. E si consideri che tra il 2001 e il 2007 le tasse universitarie in Italia sono cresciute del 53%. La recente manovra ha operato poi un forte taglio degli stipendi ai docenti, bloccando le anzianità (senza restituzione); per come è stato costruito, penalizza moltissimo i ricercatori più giovani, già con retribuzioni basse. Infine, il disegno di legge in discussione in Parlamento – che ben poco potrà fare per l’Università nel quadro che è stato ricordato – crea incertezze notevoli tanto per i sistemi di governo degli atenei quanto per il futuro professionale degli attuali ricercatori.
Il sistema universitario italiano ha molti problemi. Come recita il titolo di un bel libro recente, l’università italiana è “malata e denigrata”. E’ senz’altro necessario razionalizzare il suo funzionamento, introdurre molto di più merito e valutazione, combattere le sue derive peggiori, nepotismi, particolarismi. Molto sta già cambiando, anche da noi; la “federazione” fra le università di Puglia, Basilicata e Molise, annunciata l’altro ieri, è un’ottima iniziativa. Ma l’insieme delle misure del governo, più che riformarlo, sembra decretarne la fine: ispirato da un’idea di sistema universitario pubblico molto più piccolo, con molto più spazio per il privato; diviso fra atenei di serie A (al Nord), con più risorse, didattica e ricerca e atenei di serie B (al Sud) che cercano di sopravvivere. In tutto il mondo l’università è uno dei motori più importanti dello sviluppo economico; crea la materia prima della crescita: giovani preparati. Negli ultimi anni, particolarmente al Sud, sono stati fatti straordinari passi in avanti. Il numero di laureati è cresciuto moltissimo. Ormai al Sud, e in Italia, rispetto alla popolazione giovanile, è nella media europea. La più grande differenza fra il Mezzogiorno di oggi e quello del passato sta proprio in questo: nella diversa scolarità dei giovani. Questa è la grande chance per il suo futuro. Da sola non è una condizione sufficiente per lo sviluppo dell’economia. Ma è necessaria.
Questo processo è a rischio. Molte università italiane potrebbero chiudere fra pochi mesi. Se ci sarà un’elemosina dell’ultimora da parte del Governo magari non chiuderanno, ma sopravviveranno senza servizi, borse e alloggi per gli studenti, ma con una didattica fortemente ridotta, senza ricerca. Questo accrescerà ancora i flussi di studenti verso le università più ricche; riducendo le iscrizioni, renderà ancora più difficile la vita per quelle più povere.
In questi giorni, le autorità accademiche sono alle prese con scelte non semplici e responsabilità gravi: è possibile, in questa situazione, avviare regolarmente l’anno accademico? Probabilmente no. Ma allora che succede? Ma non è un problema solo degli universitari. Dovrebbe essere al primo posto dell’agenda della politica nazionale.
continua la lettura su La Gazzetta del Mezzogiorno http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDCategoria=1&IDNotizia=363642
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